Hypnos è il nome che nella mitologia greca era stato dato al dio del sonno che aveva il privilegio di far dimenticare le sofferenze agli esseri umani facendoli addormentare. Esiodo immagina Hypnos come una divinità degli inferi abitante in terre sconosciute in una casa a due porte. L’una trasparente dalla quale venivano fuori i sogni veritieri, l’altra di avorio perché faceva venire fuori i sogni falsi. Vi starete chiedendo come riconoscere i sogni veri dai falsi e quale sia l’elemento che li distingua. Non saprei dirlo. Potrebbe venirci in aiuto Sarah, tra i protagonisti de “La casa del sonno” di Jonathan Coe, romanzo che indaga sulle difficoltà di realizzare i sogni e i progetti di un gruppo di studenti universitari in una cittadina inglese affacciata sull’oceano. Il sonno (a cui il titolo fa riferimento) potrebbe dunque apparire un pretesto, ma potrebbe anche essere metafora della vita immaginata e attesa.
Dicevamo di Sarah che gli studenti universitari (con alcuni dei quali condivideva la residenza di Ashdown che mi piace considerare tra i personaggi principali del romanzo, apparentemente silente ed inanimata) “chiamano semplicemente Sarah la pazza[…] Viene da te e ti dice di averti parlato o di aver fatto cose in tua compagnia, ed è tutto intentato di sana pianta, sempre. È completamente fuori di testa”.
Ma Robert, tra i protagonisti maschili, non vuole credere a quanto le racconta Lynne. Perché è innamorato di Sarah e lo sarà, perdutamente e devotamente, per il resto della sua vita, portando su di sé i segni di un cambiamento che per amore di Sarah intraprenderà in maniera irreversibile.
Lascio al lettore la scoperta di dove l’amore per Sarah condurrà Robert: scoprirà che la giovane donna che ama soffre di un disturbo del sonno: la narcolessia. Un disturbo che le condiziona la vita e può avere conseguenze pesanti. Tra l’altro, la porta a confondere i sogni con la realtà.
Il romanzo si svolge su due piani temporali: i capitoli dispari sono ambientati tra il 1983 e 1984, mentre quelli pari si svolgono nel giugno del 1996, in un arco di tempo di due sole settimane. Passato e presente, dunque, si alternano permettendoci di ricostruire il racconto di esperienze condivise, di vite che per un certo periodo si incontrano, ma che dopo anni di separazione possono tornare a convergere o a scontrarsi. Un racconto ricco di personaggi (alcuni ridicoli come Robert, accademico, arido e senza ambizioni), di situazioni drammatiche, ma anche esilaranti (penso alla ricostruzione di un corso di formazione fumoso e inconsistente) di drammi grandi e piccoli che segnano la vita di donne e uomini. Che sono la vita stessa.