La notte dell’ultimo dell’anno, Martin, Maureen, Jesse e JJ, quattro sconosciuti apparentemente senza alcun legame, si ritrovano, insieme loro malgrado, sul tetto di una casa di Londra, tristemente nota come “la Casa dei Suicidi”. Vi sono giunti da strade diverse, con diverse motivazioni, ma con un’unica intenzione: farla finita, lanciandosi nel vuoto.
Martin, conduttore di un talk televisivo, dopo essere stato coinvolto in uno scandalo per avere avuto una relazione con una minorenne, è stato lasciato dalla moglie, non può più vedere le figlie, ha trascorso un lungo periodo in carcere ed ha perso il lavoro.
Maureen è una donna di mezza età, religiosissima, oramai sciupata e sciatta, che si è ritrovata, dopo un’unica notte d’amore con un uomo che l’ha lasciata, con un figlio tetraplegico a cui dedica tutto il suo tempo, tra mille difficoltà e sensi di colpa.
Jess, un’adolescente priva di regole,aggressiva, sboccata, superficiale e incolta, è stata lasciata dal fidanzato proprio (come scopriremo presto) perché fuori di testa.
Infine, JJ arrivato a Londra dagli Stati Uniti, inseguendo il sogno del rock insieme ad una band che si è sciolta. È rimasto solo, senza più gli amici che sono ritornati in America né la fidanzata che lo ha lasciato.
Una situazione surreale che, nella drammaticità della situazione, viene narrata con leggera ironia da Nick Hornby, autore inglese di successo, abile artefice di situazioni, narrate con realismo, con uso efficace e pluralistico della lingua (tra l’altro, abilmente reso nella versione italiana dal traduttore).
Il paradosso della situazione prosegue con la decisione dei quattro aspiranti suicidi di scendere insieme dal tetto del palazzo (lascio al lettore la scoperta dell’esilarante intervento di Martin per vincere l’ostinazione di Jess che non intende tornare sui propri passi) per andare alla ricerca di Chas l’oramai ex fidanzato di Jess.
I quattro rimarranno insieme fino al nuovo giorno e sigleranno un patto che li porterà a condividere giorni ed esperienze, ma soprattutto a scoprirsi complici e solidali, pronti a sostenersi nella consapevolezza che, dopotutto e nonostante tutto, è sempre possibile trovare delle ragioni che diano un senso alla vita.
Così, prima dello scadere del termine dei novanta giorni (il tempo che si erano dati per ritrovarsi nuovamente sul tetto della Casa dei Suicidi) i quattro aspiranti suicidi si rendono conto che alcune
“situazioni erano cambiate.
Non erano cambiate tanto in fretta, e neanche in modo radicale,
e forse non avevamo neanche fatto molto perché cambiassero”
Di fatto, il lettore scoprirà che a cambiare saranno Martin, Maureen, Jess e JJ perché hanno imparato a guardare la vita con occhi nuovi, anche quando questa sembra schiacciarci con il peso dei fallimenti, delle delusioni, degli obblighi e delle maschere che abbiamo scelto di indossare. Temi, senza dubbio profondi che (il lettore scoprirà anche questo) è possibile narrare la profondità della vita con leggerezza ed ironia.