Il racconto doloroso di una generazione perduta
Alberto Boscolo è uno studente, uno come tanti: dopo la maturità (superata con il massimo dei voti) si è iscritto alla Facoltà di Lettere e Filosofia alla Statale di Milano e, come tanti giovani, si è lasciato affascinare dal sogno di un mondo in cui non ci siano sfruttati e sfruttatori . Un sogno che in pochissimo tempo lo porta a superare i limiti della legalità , aderendo alle Brigate Rosse e partecipando (in maniera attiva e convinta) alla lotta armata.
Alessandro Bertante si fa da parte per dare voce direttamente al suo protagonista, lasciando che sia lui a ricostruire il percorso che segna la trasformazione dello “studente sbarbato della Statale”, impegnato nel volantinaggio davanti alla fabbrica della Sit Simens, nel complice e ideatore (accanto a Renato Curcio) di feroci azioni criminali firmati dalle Brigate Rosse.
Il racconto ci conduce nell’Italia degli anni Settanta tra giovani che convivono con i loro figli in case occupate, condividendo il cibo e gli ambienti, con i nuovi arrivati, spesso sconosciuti. Giovani che avevano fatto loro il mito di un Unione sovietica di fatto mai esistita:
“Inneggiavano a Lenin, a Mao e a Stalin
ma facevano già parte del nemico
e alcuni dei dirigenti più scaltri
lo sapevano con certezza ma gli andava bene lo stesso” .
Il passaggio alla lotta armata, che ha segnato la storia del nostro Paese in maniera ancora oggi indelebile, scaturisce dall’attentato di Piazza Fontana, letto già allora come la prima strage di Stato, e dal presunto suicidio dell’anarchico Pinelli. Una lettura, quella del suicidio, immediatamente negata dal gruppo di Bertante per il quale lo Stato “ammazzava impunemente”. Ragione per cui si diffuse la convinzione in “molti compagni che non era più tempo di farsi uccidere senza combattere”.
Quello che accadde successivamente (rapine sanguinarie per finanziare il movimento, sequestri lampo attentati dimostrativi fino al sequestro Moro) è storia condivisa. Come sia maturato tutto ciò, quale sia stato il costo pagato da giovani come Alberto Boscolo viene raccontato in un misto di storia ed invenzione da Alessandro Bertante che , utilizzando fonti e documenti storici, ricostruisce con l’estro del narratore, il percorso di giovani come Alberto Boscolo, un’intera generazione bruciata da un’ideologia, spesso non adeguatamente supportata:
“E poi c’ero io che non avevo una visione ideologica precisa,
ma mi lasciavo trascinare dalla voracità dei vent’anni e dall’urgenza dell’azione …
cercando di vivere la propaganda armata come momento politico principale
e, in qualche modo fondante, della mia visione rivoluzionaria”.