Nell’entroterra siciliano quando a fine estate, tra agosto e settembre, si scatenano temporali devastanti si indicano delle forze malvagie all’origine degli eventi metereologici, attribuendone la responsabilità a spiriti maligni, spesso scatenati da fattucchiere, streghe, “magare”. Dragunera è il nome con cui si nominano queste donne che, nella tradizione popolare sono state anche guaritrici, come storicamente accadeva alle streghe del Seicento, ritenute capaci di scatenare anche il male con le loro forze ammaliatrici, di strappare la serenità e la ragione a chi vi si oppone.
È quanto accade al giovane Paolo, protagonista maschile del romanzo di Linda Barbarino alla sua prima opera narrativa con la quale si unisce alla polifonia delle scrittrici siciliane capaci di dare voce, in maniera profondamente viva, a una terra che tanto ha da raccontare della propria identità e della propria cultura, illuminando in maniera chiara e indistinta una dimensione antropologica che, probabilmente, una ricerca scientifica non riuscirebbe a rendere in maniera altrettanto adeguata.
Linda Barbarino, insegnante di latino e greco a Enna, ci mostra una Sicilia contadina, nella quale la miseria porta a trascurare la profondità dei sentimenti, dove si può amare anche una prostituta e scoprire con lei una affinità profonda, che va oltre la soddisfazione degli istinti sessuali, da spingere a desiderarla come moglie. Così è per Paolo “cliente” privilegiato di Rosa Sciandra, la prostituta del paese che ,dopo anni di professione, potrebbe considerarsi soddisfatta per i risultati raggiunti: “Seduta al tavolo della cucina guarda le pareti pulite, sottili come carta velina … Osserva le cose che si è guadagnata ad una ad una col suo mestiere di buttana: la credenza, le sedie, la poltrona sfondata… tutto pulito ed ordinato” (pag. 7)
Tuttavia Rosa Sciandra darebbe qualunque cosa per tornare nella casa della sua infanzia da dove era stata strappata dopo essere rimasta orfana . Casa alla quale torna con i ricordi, divenuta nella memoria luogo di una felicità assoluta che Rosa avrebbe certamente meritato, ma alla quale non ha avuto accesso a causa della miseria umana e culturale dell’epoca. È questo l’aspetto più significativo del romanzo in cui i numerosi personaggi raccontano una dimensione oramai lontana, ma che,certamente, è stata la quotidianità per molte generazioni di donne siciliane.
Accanto a Rosa (la cui disperata aspirazione è quella di essere una moglie, la moglie di Paolo verso il quale prova un amore che diventerà ossessione) ha un ruolo di rilievo un’altra donna moglie di Biagio, fratello di Paolo, uomo inconsistente, colpevole di essersi fatto ammaliare e avere sposato una femmina dragunera.
Tra le due donne, scopriremo, c’è un legame molto più profondo e distante nel tempo, causa di dolore e di sofferenze, di rivalità e cattiverie, segni inequivocabili di una profonda miseria affettiva (e non solo) che culminerà nel tragico finale, ultima conseguenza della solitudine, acre compagna di un’intera esistenza.