“Com’era vasto il mondo, e com’era ricco di varia umanità e strani accadimenti! E com’era alto il cielo sopra i tetti! E com’era profonda la terra sotto le pietre del selciato! E perché uomini e donne si amavano? E dov’era Dio, di cui si parlava sempre in casa nostra? Ero meravigliato, felice, estasiato. Sentivo di dover risolvere quell’enigma da solo, con la mia intelligenza” (pag.85)
Ci sono scrittori che hanno il potere di condurti nel loro mondo e di farti sentire parte di esso. Un mondo a te ignoto, perché storicamente e culturalmente lontano, che rappresenta una scoperta, sempre nuova e preziosa, ma di diventi parte, grazie all’abilità del narratore.
Isaac Bashevis Singer (premio Nobel per la Letteratura nel 1978) appartiene a questa categoria di scrittori. Qualcuno potrebbe obiettare che per lui è stato facile, avendo avuto il vantaggio e il privilegio di vivere in una famiglia fuori dal comune, capace di ispirare pagine memorabili di letteratura nelle quali l’esperienza personale si erge a paradigma di una vita fuori dall’ordinario. Il padre, Rabbino in via Krochamalna, a Varsavia, svolgeva il proprio lavoro in casa: nel suo studio si celebravano matrimoni, banchetti chassidici; si studiava e si pregava, ma soprattutto si cercava di dirimere i conflitti più disparati tra personaggi di ogni tipo, attraverso la saggezza derivata dalla Torah di cui era interprete.
Ebreo puritano e pio, il Rabbino Singer, noto esempio di integrità e sobrietà, svolgeva il proprio lavoro con accanto il giovane Isaac che, tra le mura di casa, viveva l’esperienza di un mondo ancorato al passato, mentre fuori era in atto un cambiamento profondo, causa, tra l’altro, di conflitti familiari. Espressione del nuovo era, ad esempio il fratello maggiore Israel Joshua (anch’egli scrittore) schieratosi presto contro la rigida osservanza paterna:
“Eravamo gli eredi di un codice eroico non ancora descritto nella letteratura yiddish, la cui essenza consisteva nella capacità di sopportare le sofferenze per amore della purezza spirituale” (pag. 205).
Il mondo esterno, infatti, era abitato da una enorme quantità di gente che non condivideva gli ideali dell’anziano rabbino e della moglie, costretta a confrontarsi quotidianamente con la via Krochmalna e verso la quale provava un profondo sentimento di estraneità, amplificato dalla mancanza di denaro.
Inoltre, alle difficoltà culturali della famiglia si affiancavano quelle economiche, da tutti affrontati con eroico stoicismo:
“Io andavo in giro con un caffettano che mi stava piccolo. Ogni tanto ricevevo un nuovo capo di vestiario, però solo quando quello vecchio era ridotto a brandelli”.
Presto, il giovane Isaac cominciò ad avvertire lo iato, sempre più profondo, tra il vecchio mondo dei genitori e il nuovo, abbracciato dal fratello. Infatti, mentre i genitori rimanevano fedeli a un ebraismo rigido e per questo respinto da molti, i figli sperimentavano le contraddizioni e le falsità dei numerosi personaggi che frequentavano la loro cara, per essere ascoltati dal padre, e la cui condotta di vita era lontana dalle prescrizioni della legge ebraica. Questa, per molti, era uno strumento per avere conferme ai propri comportamenti e sopraffare l’avversario. Furberie, meschinità, cupidigia, ipocrisia si manifestavano sempre con maggiore frequenza provocando, soprattutto in Israel Joshua, il rifiuto di un mondo a cui sentiva di non appartenere, ma (ed è questo l’elemento più significativo) non voleva più appartenere.
“Mio fratello … a causa delle sue idee emancipate, trovava difficile parlare con mio padre, che gli rispondeva sempre: Miscredente! Nemico di Israele!” (pag. 224)
Fu la guerra ad imprimere una svolta decisiva alla vita della famiglia Singer e a tutta la comunità ebraica, sebbene, dopo l’attentato di Sarajevo, si fosse diffusa la speranza di un cambiamento, di un miglioramento di fatto negato da eventi drammatici che avrebbero segnato un’epoca.