“Che avevo fatto? Avevo sprecato le mie ore? Non goduto abbastanza del sole e del mare?
Solo in seguito, all’epoca d’oro dei cinquant’anni, epoca forte calunniata dai poeti e dall’anagrafe, solo in seguito sai quanta ricchezza c’è nelle oasi serene dell’essere con se stessi, soli”. (pag. 269)
Poco più di cinquecento pagine (per l’esattezza cinquecentodieci) per raccontare tutta una vita.
La vita di una donna eccezionale che ha attraversato il Novecento da protagonista, nel bene e nel male. Eric Hobsbawn ha attribuito l’aggettivo “breve” al XX secolo che, però, per Modesta (questo è il nome della protagonista creata da Goliarda Sapienza) è stato lunghissimo e faticoso. Come faticosa può essere la lotta per la sopravvivenza di una bambina di circa cinque anni che si presenta al lettore mentre, “in uno spazio fangoso” trascina un “pezzo di legno immenso” (pag. 5) o mentre si misura con il Male di cui sarà vittima e artefice. Prima con l’incoscienza della fanciullezza, più avanti guidata dall’istinto di sopravvivenza di un essere incapace di discernere il bene dal male.
“Basta posare la lampada vicino alla porta e togliere il vetro che protegge la fiamma che quella, come il sole, già mi spacca la fronte se non arretro, e subito sguscia rapida sul legno secco d’arsura. Erano mesi che non pioveva”. (pag. 15)
È probabilmente questo aspetto che per decenni ha impedito in Italia la pubblicazione del romanzo di Goliarda Sapienza, creatura difficile, come si apprende postfazione di Angelo Pellegrino, compagno e marito negli ultimi anni vita, sempre fedele a se stessa. Proprio come Modesta che, su questo il lettore non abbia dubbio alcuno, non è l’autrice, sebbene alcuni episodi della vita di Goliarda potrebbero averla ispirata nella narrazione. Penso, ad esempio, senza tema di smentita, alla partecipazione alla lotta per la Resistenza. Piuttosto, in Modesta, come Golidarda Sapienza ebbe modo di precisare, vivono tante donne conosciute ed amate dall’autrice, tra cui la madre, la sindacalista lombarda Maria Giudice.
Ma chi è Modesta a cui finora ho solo accennato, più o meno sfuggevolmente? Per non togliere al lettore il piacere della scoperta, mi limito a dire le ragioni per cui l’ho amata: Modesta è una donna fortissima e determinata, curiosa del mondo, sempre pronta a mettersi in gioco, ad imparare a vivere nuove esperienze. Una donna che ha dedicato anni allo studio e alla lettura costruendosi così una cultura fuori dal comune; che non caparbietà non si è mai arresa davanti alle difficoltà; che ha abbracciato con coraggio le novità (ha preteso di imparare a nuotare, ad andare in moto, a fumare la pipa); che ha amato spudoratamente; che sogna un mondo di uguaglianza, soprattutto per le donne, e di giustizia; che non si è mai arresa, anche quando, la stanchezza e gli anni trascorsi, avrebbero potuto suggerirle di tirare i remi in barca.
“No, non si può comunicare a nessuno questa gioia piena dell’eccitazione vitale di sfidare il tempo in due, d’essere compagni nel dilatarlo, vivendo il più intensamente possibile, prima che scatti l’ora dell’ultima avventura” (pag. 510)
Condivido pienamente l’analisi del personaggio di Modesta fatta da Lillatrailibri; Modesta è forte, caparbia, senza limiti nel ricercare tutto quello che non possiede, materiale o immateriale. Forse è spregiudicata e cinica, ma il lettore la giustifica immediatamente. Ho ammirato il suo smisurato amore per la famiglia, una famiglia fuori dagli schemi per l’epoca in cui è ambientato il romanzo.
Modesta è una donna fuori dal comune che tanto avrebbe da insegnare alle giovani donne che inseguono sogni inconsistenti.